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IULIUM CARNICUM, UNA PERLA NASCOSTA

Sentire il passato lontano accompagnare silenzioso il gruppo di turisti goriziani in visita a Zuglio è un’esperienza da conservare nel cuore. La ricerca del filo scomparso che lega Aquileia al paese della Carnia a pochi chilometri da Tolmezzo apre scenari storici che non molti conoscono, anche per le scarse risorse economiche finora destinate agli scavi in questa zona.

Abitata fin dal Paleolitico da gruppi di cacciatori e raccoglitori, la Carnia vede succedersi popolazioni diverse, per lo più in transito, nei millenni successivi. Sul colle di San Pietro che sovrasta Zuglio, oltre che in diverse località dei dintorni,  sono state ritrovate tracce di insediamenti risalenti all’età del bronzo e oggetti di vario di genere che testimoniano come esistessero intensi scambi commerciali tra le pianure a sud e le regioni settentrionali che si servivano dei valichi alpini e di un’articolata rete viaria.

La fine del II millennio a.C. vede il passaggio all’età del ferro e lo sviluppo ulteriore di strumenti più sofisticati e durevoli. I reperti ritrovati provengono prevalentemente da alcune necropoli e sono conservati nel Civico Museo Archeologico di Zuglio, che la comitiva ha visitato con la competente guida della direttrice.

In epoche successive ancora diverse popolazioni, fra cui gruppi di origine celtica, attraversano il territorio carnico, stabilendosi in insediamenti fino all’arrivo dei romani, forse già dalla fine del III sec. a.C.

La romanizzazione della Carnia si consolida dopo la fondazione di Aquileia nel 181 a.C., con la formazione di una vasta provincia che andava probabilmente da Forum Iulii, l’odierna Cividale, fino al Tarvisiano a nord e al Cadore a ovest. Di questo esteso territorio diventò il fulcro amministrativo e civile l’abitato denominato Iulium Carnicum, sorto su insediamenti precedenti dove la valle del torrente But si allarga, crocevia di numerose strade che collegavano Aquileia a varie località transalpine. Il centro della vita civile e sociale in questa città romana si trova tra il torrente e le pendici collinari, dove sono visibili i resti della basilica, del foro e di un tempio. I muri degli edifici erano in pietra, costruiti con la perizia tipica dei romani.

Il foro mostra diverse fasi in cui l’assetto perimetrale subì delle modifiche e furono aggiunti alcuni elementi come colonnati e portici.

Se si riesce a immaginare il brulicare di tante persone di provenienza diversa, vestite con fogge tipiche, che affollavano i luoghi pubblici, la silenziosa immobilità di queste rovine si riempie dell’eco di antiche voci. È il passato che ritorna a prendere vita.

Più difficile far rivivere con il pensiero il vociare e il movimento dell’edificio termale, che pur doveva essere molto frequentato, secondo il costume romano. Questo perché, dopo averne riportato alla luce i resti con alcuni scavi archeologici, per mancanza dei fondi necessari a procurare adeguati ripari, tutta l’area delle terme è stata nuovamente ricoperta e tutto ciò che si vede adesso è un prato verde.

Anche delle domus che costituivano il tessuto residenziale di questa importante località resta molto poco, perché le attuali dimore private sono state costruite sopra le antiche abitazioni. Solo in occasione di lavori di scavo nei giardini sono emersi interessanti reperti che indicano come lo spazio urbano di Zuglio, probabilmente, coincida con quello dell’antica Iulium Carnicum.

Dopo la visita al museo, che racchiude in alcune stanze il compendio di una storia di millenni, la comitiva riparte conservando negli occhi e nella mente la passata gloria di un luogo ancora tutto da scoprire.

Da “Iniziativa Isontina” n. 82 – Aprile 2020

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